Una vita è troppo poco.

Se mi guardo indietro vedo un sacco di cose fatte, ma naturalmente a qualcosa mi è toccato rinunciare. Perché fare tutto e farlo bene è realizzabile se quel “tutto” resta nei limiti delle possibilità umane. Se no, diventa impossibile, poche storie.
Non ho grossi rimpianti riguardo alle cose lasciate per strada, ma su alcune ho una certa curiosità. Ad esempio, durante gli anni da dirigente della squadra di calcio mi sono chiesto spesso cosa sarebbe successo se non avessi smesso così presto di giocare a pallone. Non ero scarso, direi tutt’altro, e correre per il campo mi piaceva non tanto, ma tantissimo. Chissà a quale livello sarei potuto arrivare se non avessi ceduto (senza nemmeno lottare troppo) all’irresistibile richiamo delle notti brave in discoteca, che mi impedivano di essere pimpante per le partite della Domenica mattina. Appesi gli scarpini al chiodo quando ancora ero nelle giovanili. Un po’ presto. Poi magari non sarei nemmeno arrivato ad esordire in Terza Categoria, ma chissà, forse dedicandomi con determinazione ad un’attività per la quale ero comunque abbastanza portato, avrei potuto calcare qualche scenario un pochino più prestigioso. Non lo saprò mai.
E anche riguardo al futuro, se penso a tutte le cose che mi piacerebbe fare, mi rendo conto che ad alcune delle idee che ho mi toccherà probabilmente rinunciare.
Così mi ritrovo a pensare che una vita è troppo poco, e allora mi obbligo a credere nella reincarnazione, così almeno non mi sento in colpa se rimando qualcosa alla prossima.