Se il sistema non cambia, bisogna cambiare sistema.

Nell’ultima occasione di possibile “ribellione democratica”, alle elezioni di Febbraio 2013, il 25% degli Italiani non ha votato (il che equivale a dire : “fate quello che vi pare”). Tra i votanti il 50% (più o meno) ha votato Bersani o Berlusconi (il che equivale a dire : “a me l’Italia sta bene così com’è, cambiare non mi interessa”).
Praticamente tra disinteressati, sfiduciati, e fedeli ad oltranza a chi ci ha portati fin qui siamo al 75% di Italiani. La Costituzione dice (nel suo primo Articolo) che la sovranità appartiene al Popolo. Il Popolo (il 75%) nell’ultima occasione nella quale ha potuto esprimere il suo parere ha deciso questo.
Ora, se siete parte di quel 75% e non vi piace quello che succede nella stanza dei bottoni, fate le vostre considerazioni, e mi raccomando prendete appunti per quando dovremo tornare alle urne. Dopotutto è lì che si votano i propri rappresentanti, e sarebbe sufficiente che se la loro condotta non rispecchia quanto promesso non li si rivotasse, per poter almeno sperare di avere un governo migliore.
Se invece siete parte del restante 25% potete anche fare gli arrabbiati a oltranza contro il sistema. Ma non servirà a nulla. Non farà cambiare le cose. Non modificherà l’atteggiamento ottuso di chi avrebbe veramente la possibilità di cambiarlo, il sistema.
Quindi le soluzioni sono due. O ve ne andate da questo Paese, senza se e senza ma, oppure restate, cercando di costruirvi comunque un futuro di vostro gradimento. Senza aspettare che lo faccia qualcun altro per voi. Parlo anche, e soprattutto, per me, sia chiaro.
Pensiero troppo semplicistico ? Puo’ darsi.
Ma io penso che sia davvero “inutile aspettare che passi la tempesta (e lamentarsene), meglio provare a imparare a ballare sotto la pioggia”.
C’è un famoso detto molto simile.
Io ci provo, ogni giorno.