Il mio modo di essere DJ

Sono un DJ. Il mio scopo è far ballare e divertire chi ho davanti alle mie serate. Ho sempre messo commerciale (ma preferisco definirla “pop dance”) perché mi piace e perché mettere pezzi conosciuti mi permette di poter giocare anche parecchio col microfono. Quando la pista è calda e mi accorgo di “averli presi” mi permetto anche il lusso di buttare qualche pezzo nuovissimo o semi-sconosciuto, ma in generale i miei set sono molto “popolari” nel senso che cerco di spaziare tra vari generi e varie annate seguendo l’onda della serata ma puntando quasi sempre su pezzi dal groove riconoscibile dalla massa. Questo è il mio stile, e poi ripeto, io uso anche molto il microfono… Mi sono praticamente sempre ritrovato a lavorare in locali o a feste che richiedevano un dj che avesse un tipo di approccio come il mio…
So benissimo di non essere uno di quei DJ che sperimentano, e probabilmente (anzi sicuramente) non rischio molto. Ma alle mie serate la gente “comune” si diverte. E a me questo basta. E avanza. Dopo 13 anni di onesta carriera succede ancora che io mi stupisca che a fine serata ci sia pure qualcuno che mi paga per essermi divertito così tanto. Mi piace fare serate da solo, mettere musica e parlare.
Rispetto tutti i colleghi che lavorano con impegno e passione. Anche quando mettono musica che a me non piace. E sinceramente non capisco perché molti DJ techno o minimal o house guardino a noi DJ “pop” come se fossimo degli appestati. Ho sempre pensato che un DJ con la pista piena di gente che balla davanti a se sta lavorando bene. Qualsiasi genere metta.
E questo è quanto.